Bambini masaai in Tanzania (photo by: Daniela Biocca) |
Bambini, tanti bambini, bambini ovunque, a volte, in Africa, si ha la sensazione
di trovarsi in un immenso asilo, un asilo senza pareti e senza tetto, se non
quello delle palme e dei manghi che offrono riparo dal sole africano. Bambini
in ogni luogo, magri, grassi, sporchi, puliti, con la pancia gonfia, coi capelli
impolverati o curatissimi come le dive del cinema. Bambini allegri e
piagnucoloni, svegli e imbranati, curiosi e disinteressati, timidi e spavaldi,
sorridenti e arrabbiati, delusi e stupiti, imbarazzati e disinvolti ma sempre e
comunque bambini.
Bambini rannicchiati in cerchio davanti ad un fuoco alimentatato dall’ immondizia,
aria fresca nella mattina di Wau, piccoli, magri bimbi dinka, vestititi con
giacche trovate chissa’ dove, ognuno con la sua bottiglietta di plastica, no,
non per bere ma per non sentire la fame, inalando i vapori chimici della colla
bianca, loro cibo, acqua e mamma.
Bambini piccoli e grandi che giocano con il fuoco dell’erba secca di questa
torrida stagione in Sud Sudan, l’erba diventa gialla, l’aria secca come paglia,
il vento dal nord porta la polvere rossa che ti entra dentro. L’odore dell’erba
bruciata aleggia nell’aria, i bambini sorridono e giocano con le fiamme piu’
grandi di loro a pochi metri da casa ma lontano dallo sguardo di una mamma che
non c’e’ o non ci vuole essere.
Bambini che ti chiamano per nome, ma con il nome sbagliato, il nome di
altre bianche fugaci apparizioni nel loro universo: opoto, mzungu, kawaja.
Voci allegre che risuoneranno nelle mie orecchie per sempre migliaia di voci
diverse fuse in un ricordo unico e indistito, senza faccia ne’ sorriso
specifico ma come un mosaico di volti, occhi, nasi, sopracciglia, guance tonde
e capelli ricci e crespi che formano un immenso puzzle di bambino.
Baraka - Bagamoyo (photo by Daniela Biocca) |
Bambini e bambine a Bagamoyo, in Tanzania, che ballano scalzi mimando i
movimenti degli adulti, pantaloncini corti e strappati oppure troppo lunghi,
ereditati dal fratello maggiore, bambine coi capelli intrecciati, con perline
colorate che adornano la piccola testolina tonda che contiene chissa’ quali
sogni, speranze e fantasie che probabilmente seccheranno con l’entrata
nell’eta’ adulta. Piccoli artisti circensi e ballerini in erba che si
contorcono al ritmo di una radio logora ma potente sotto il sole caldo del
tramonto africano.
Bambini che ti corrono in contro gridando e sorridendo afferrandoti e
trascinandoti per le braccia, un’orda infantile invincibile, un esercito
lillipuziano di denti bianchi in bocche che si aprono in teneri sorrisi luminosi
di innocenza pura. Voci argentine che chiedono domande per il gusto di
chiederle e di stabilire un contatto, sempre le stesse: “Come ti chiami?
dove vai? cosa hai comprato?”
Bambini intenti a giocare sulla sabbia, ginocchia impolverate e vestiti di
seconda mano oppure vestiti nuovi di plastica cinese. Le palme che cantano al
ritmo del vento dell’Oceano, una moto che passa accelerando in lontananza, un
autobus che riparte carico di gente sudata sotto il cocente sole del
mezzogiorno. I bambini assorti nel loro mondo fatto di sabbia, pietre,
bastoncini, bottiglie trovate per terra e carte colorate. Cucinano, progettano
percorsi per poi stufarsi e costruire un trampolino da cui saltare e fare
acrobazie e volteggi in aria.
Bambini che sorridono, timidi e abbassano lo sguardo, passano tenendosi per
mano all’ombra di un mango che presto maturera’e dara loro l’ebbrezza della
stagionale caccia al mango, delizioso premio da gustare indisturbati nel lento
e sonnecchioso sabato pomeriggio, quando non si va a scuola e c’e piu tempo per
divertirsi.
Bambini in Tanzania (photo by: Daniela Biocca) |
Bambini che passano indifferenti, intenti a discutere di giochi con la
stessa serieta’di maturi ed impegnati
uomini di affari che discutono di borsa e investimenti finanziari. Voce
fintamente grossa per darsi importanza e dimostrare di capirne di piu degli
altri, intense discussioni e a volte anche liti causate da chi non rispetta le
regole del gruppo.
Bambini che seduti per terra a giocare ti chiedono soldi, foto, caramelle,
penne o bottiglie di plastica e tu a rispondere: no, mi spiace, non ne
ho...no, mi spiace sono finite...
Bambini di pochi mesi, piccoli ed infiesi nascosti in fagotti portati in
spalla, calmi che dormono placidamente su un autobus affollato e rumoroso per
poi svegliarsi al primo scossone e piangere finche la mamma non rimedia porgendo
il suo seno, rimedio naturale ed universale che placa ansie e paure di tutti i
bambini.
Bambini minuscoli, neonati di qualche settimana, con in testa un berretto
di lana trasportati in autobus avvolti in una montagna di coperte. Fuori, 40
gradi e quell’umidita tropicale che rende la pelle umida e appiccicaticcia. Il
sole picchia forte sul tetto dell’autobus, un signore grida in continuazione al
telefono e una signora sapientona e chiassosa che con la sua voce stridula rende
il viaggio una prova di resistenza e i con i suoi 100 chili ti obbliga a
stringerti in 30 centimetri di sedile con le gambe rannicchiate.
Bambini che ti osservano, curiosi con i loro occhi grandi, lucidi e
profondi, vivaci e sempre in movimento scrutano i tuoi capelli strani, quella
barba diversa da quella dei loro padri. Allungano una mano per toccare, quasi
che barba capelli e naso fossero finti,
ridono. Un attimo dopo scappano correndo con le loro gambette agili e i loro piedi
scalzi che lasciano due impronte: una sulla sabbia e una sul tuo cuore.
Bambini in Africa, questo immenso asilo a cielo aperto dove ogni giorno
migliaia di bambini nascono, ridono, giocano ma dove anche spesso vengono
maltratti, rapiti, violentati, abbandonati, trattati come oggetti, scambiati per
una mucca o un chilo di farina da quegli stessi adulti che a parole dicono di
amarli e di volerne tanti, il piu possibile, strani, gli esseri umani adulti.
Liniers che con la bambina Enriqueta ci parla di semplicita' e speranza:
"Beh, quest'anno si presenta gia come interessante"
Nessun commento:
Posta un commento