Il Nilo Bianco a Juba |
Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti, di parole,
di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino alle orecchie degli amanti...
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e da' colori nuovi.
(Alda Merini)
Il Nilo ed in fondo l'unico ponte sul Nilo di Juba |
“Hi my friend!
Why?” (Ciao amico mio, perché?).
Questa è stata la frase che più mi ha fatto sorridere durante la mia prima
corsetta in Sud Sudan. Domenica mattina la ragazzine, magrissime, in ogni caso,
alte per la loro età, si avviano verso la chiesa, vestiti lunghi, lucidi,
viola, gialli, verdi, il vestito buon immagino, messo la domenica per andare a
messa, o anche solo per fare una passeggiata con le amiche, cellulare in mano e
musica hip pop americana sparata ad un volume che basta a far gracchiare il mini
altoparlante installato su questi cellulari, sorprendentemente potente ma anche
di bassa qualità. Sono a Bentiu, nel nord del Sud Sudan, nel 2006, aveva circa
7,700 abitanti, ora potrebbero essere attorno ai 10,000 considerando che
migliaia di sud sudanesi dal 2005 in poi hanno risalito la valle del Nilo,
dalla desertica Khartoum alle verdi alture del sud Sudan. Dopo una settimana
trascorsa in ufficio, fra Juba e Bentiu, durante la quale la mia unica attività
fisica sono stati 20 minuti di yoga alla mattina, sdraiato sul pavimento di
piastrelle bagnate fra la mia scrivania e la macchina fotocopiatrice
dell’ufficio, ho sentito il bisogno di muovere un po’ la gambe. Una domenica
soleggiata, strano, visto che siamo quasi al picco della stagione delle piogge
e nell’ultima settimana ha piovuto tutti i giorni, soprattutto di notte,
inzuppando il mio letto, piazzato vicino alla finestra, e obbligandomi a
svegliarmi nel cuore della notte per chiudere le imposte, spalancate la sera
per non soffocare nel caldo umido del luglio sud sudanese aggravato da una
zanzariera che ricopre il mio letto e sicuramente non permette di apprezzare
quell’alito di brezza notturna che comunque ci sarebbe.
Fango, quello si ce n’è, tanto, le strade sono di
fango, tutto il resto è verde, verdissimo in questo periodo dell’anno, prati di
erba lunga fino alle ginocchia, mandrie di mucche dalle corna lunghissime e
spessissime, alcuni asini, oggi forse a riposo ma che durante la settimana
tirano carretti carichi di pesantissimi barili pieni d’acqua. Poche le
abitazioni in cemento, moltissime quelle in fango e legno, col tetto di paglia,
tutte circondate da recinti di canne alte come alcuni soldati dell’esercito di
liberazione del popolo del sud sudan (in inglese: S.P.L.A. Sudanese People Liberation
Army) che si aggirano numerosi per il “centro” di Bentiu con AK-47 a ricordare
e ricordarci che oltre 20 anni di guerra non si dimenticano con 7 anni di pace
e un solo anno di indipendenza.
Il lussuoso Bentiu Grand Hotel, non sto scherzando, è il nome vero (uno dei 2 migliori ristoranti di Bentiu) |
Continuo la mia corsa, piccoli uccelli rossi e
neri sono appoggiati sui fili dell’elettricità che non c’è, farfalle, libellule
e altri insetti che non avevo mai visto prima ronzano tranquilli sotto il sole
equatoriale, i bimbi mi guardano, ridono, mi prendono in giro perché corrono e
si mettono a ballare, pochi hanno il coraggio di chiamarmi o salutarmi, solo i
più grandicelli, anche loro magrissimi e slanciati, accennano un saluto,
qualcuno solo un “Hello!” qualcuno anche un “Where are you going?” (Dove stai
andando?). Io rispondo a tutti e saluto tutti quelli che il mio fiatone mi
permette di salutare, fa caldo, umido, forse non è l’ora migliore per correre
ma va bene così, credo di avere intuito più cose in questa mezzora di corsa che
nell’intera settimana passata. Sono felice di essere qua, ottimista, la gente del
sud Sudan mi sta già entrando dentro e ignoro qualche sguardo cupo e severo che
mi sono sentito addosso da qualche uomo di mezza età. Sorrido a tutti, non
costa niente e ricevuto più sorrisi in cambio di quanti ne abbia offerti. Alla
domanda “Why?” ho risposto: “Perché sono grasso” battendomi le mani sulla
pancetta, in realtà è solo parte dei motivi, uno è che correre il forse fra i
modi migliori di iniziare ad esplorare un posto, iniziarne ad appressarne i
colori unici, annusarne le puzze fantastiche che ci sono qui in Africa, toccare
in qualche modo, o forse sfiorare, incrociare il mio sguardo con alcuni
rappresentanti di quella parte di umanità che è qui, sotto il nostro stesso
sole ma che spesso non esiste a meno che non riesca ad impietosire i portafogli
e far funzionare una qualche raccolta fondi di una qualche ONG.
Liniers, umorismo in arte:
"Senti" "Cosa fai lassù" "Sono caduto"
SANCHEZ RISPOSE AL PASSANTE