Nota: il 31 gennaio 2012 ho perso tutti i vecchi post per la chiusura di Splinder. Sto lentamente recuperando i miei vecchi post, pubblicati su altri siti. Il contenuto è quello originale anche se alcune cose sono state riviste e corrette dal punto di vista ortografico e grammaticale.
Marzo 2009, Bagamoyo - Tanzania - Servizio Civile con CVM (Comunità Volontari per il Mondo)
Il sole brilla chiaro ed indisturbato alto nel cielo
azzurro, nessuna nuvola a intralciare i suoi raggi potenti e penetranti.
Dondoliamo dentro il fuoristrada, sudati e sonnolenti per la temperatura e il
viaggio di un paio d’ore su strade polverose e dissestate, oggi è giornata di
visita sul campo, dopo giorni di lavoro in ufficio oggi è arrivato il momento
di andare a vedere come procedono le attività ma soprattutto di incontrare i
veri protagonisti del progetto che stiamo facilitando, donne e uomini dei
villaggi del distretto di Bagamoyo, amici e compagni di viaggio.
Qualche discussione durante il viaggio, normalmente in inglese, sempre più
spesso in “tentato swahili” e a volte in italiano. Complice il caldo, ci si
assopisce, soprattutto io e Francesca, ma veniamo presto svegliati da una buca
o da un dosso, non possiamo lamentarci, il nostro viaggio è molto più comodo
rispetto a quello di qualsiasi altra persona che incontriamo lungo il tragitto,
pulmini sovraffollati da mamme con il loro relativo fagottino dagli occhi
grandi e neri, incerte biciclette sovraccariche e scricchiolanti oppure
gruppetti di donne e ragazze in fila indiana con pesanti secchi in testa, i corpi
avvolti da kanga variopinti e i volti rigati dal sudore.
Ormai è marzo e dovrebbe essere iniziata la stagione delle piogge, ma di acqua
nemmeno l’ombra, solamente qualche breve acquazzone che dura meno del tempo di
una canzone. Larghi appezzamenti di campagna iniziano ad ingiallire e i
contadini iniziano a temere per i propri raccolti ma la per gran parte il
colore dominante è ancora il verde degli immensi spazi non coltivati
punteggiati da magre mucche al pascolo e palme spettinate dalla brezza
proveniente dall’ Oceano Indiano. Arriviamo a Talawanda, il primo villaggio
della giornata, ci accolgono volti sorridenti e mani tese, mani ruvide e dalla
pelle spessa, sguardi timidi e sfuggenti, sguardi più vivaci e curiosi di
bambini scalzi che giocano allegramente sotto un mango. Eh sì, perchè c’è sempre
un mango, c’è sempre un mango all’ombra del quale sedersi e chiacchierare,
spuntano le sedie e le panche e ci si siede insieme, una alla volta spuntano le
ragazze che grazie ad un piccolo prestito hanno migliorato o iniziato una loro
piccola attività economica, c’è chi cucina, c’è chi compra e vende vestiti, che
chi prepara pane e frittelle e le vende per strada, c’è chi ha deciso di
vendere frutta e verdura o chi ha preferito il pesce. Ascoltiamo, consigliamo,
incoraggiamo. Saliamo di nuovo in macchina e ci spostiamo verso il prossimo
villaggio, Msata, anche qui c’è un mango, un verdissimo mango frondoso, al
momento privo di frutti, ci sediamo con il gruppo locale dell’associazione di
persone che vivono con l’HIV/AIDS. Anche qui volti sorridenti, sguardi sfuggenti e
mani ruvide, compaiono due stuoie e ci sediamo sotto il mango, ancora una volta
scenografia naturale di questo incontro, all’ombra del mango ascoltiamo
racconti di vita, di gente che lotta, gente discriminata, gente che ha voglia
di vivere una vita piena e ha voglia di lottare.
Abbiamo viaggiato molto lungo le strade del distretto, stretto decine di mani,
salutato molte persone, sotto un mango abbiamo condiviso problemi, ascoltato
speranze e bisogni, sogni di un futuro migliore, l’importante è che ci sia
sempre un mango sotto al quale sedersi senza fretta, lentamente, aprendosi
all’ascolto e essendo pronti a raccontarci, per condividere qualcosa e crescere
insieme. Credo che questa sia una lezione molto importante, dovremmo cercare un
mango tutti i giorni, se non fisicamente, almeno un mango spirituale, sotto al
quale sederci e lasciare da parte la fretta, i piccoli doveri quotidiani e
lasciarci andare in conversazioni e cuore aperto, lentamente, senza tempo,
senza barriere e senza pregiudizi, abbassiamo lo scudo protettivo di cui spesso
abbiamo bisogno, o pensiamo di aver bisogno, per andare avanti nella vita di
tutti i giorni. Abbassiamo lo scudo, abbassiamo le armi e sediamoci insieme
sotto un mango, anche questo l’ho imparato qui, in Africa.
E ora Liniers, che con Fellini ci fa notare la poesia anche negli alberi...
Fellini: "Le palme sono i fuochi artificiali degli alberi"
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