Notas de viaje...
Il viaggio continua, ora in due
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sabato 15 ottobre 2016
domenica 1 febbraio 2015
Luis e la polvere di gennaio
Il vento, rossiccio, crea piccoli turbini sulla strada di terra rossa,
secca, polverosa. Questa e’ la stagione secca in Sud Sudan, siamo nel bel mezzo
del brevissimo “inverno” sud sudanese. Un inverno relativamente mite per gli
standard europei ma assolutamente peculiare. Notti fresche in cui bisogna usare
la copertina, oppure almeno un lenzuolo per difendersi dalla brezza che entra
dalle finestre senza vetri. Le mattine sono ritardatarie, il sole sorge tardi,
appena prima delle 7.30 ma tramonta anche un po’ dopo del solito, verso le
7-7.15 di sera. La palla arancione del grande sole africano fa meno paura in
queste settimane, e anche al suo picco, verso mezzogiorno, non punge e non fa
sudare, una sensazione strana visto che per la maggior parte degli altri mesi,
la vita in Sud Sudan e’ una continua rincorsa al ventilatore per non doversi
cambiare di camicia 3 volte al giorno.
Si sta bene in questa stagione, almeno, io sto bene. Non si puo’ dire lo
stesso dei sud sudanesi, i nostri guardiani, specialmente lo smilzo Luis,
arriva alle 7 di mattina coperto da testa a piedi, con la giacchetta chiusa, il
cappello calato e i bizzarri occhiali da sole trasparenti a coprirgli gli
occhi. Luis uno dei personaggi della nostra vita a Wau, un guardiano preciso,
dolce, gentile, amichevole con tutti. Insomma, Luis e’ un vero e proprio
animatore della vita a casa ACTED, tutti gli autisti, tutti i miei colleghi lo
conoscono, lo salutano volentieri, ci ridono sempre insieme e spesso ci
trascorrono tempo insieme, sorseggiando un te, condividendo una kisra oppure semplicemente sedendosi nel
soppalco dal quale si puo’ tranquillamente osservare la vita che scorre sulla
rossiccia e polverosa strada davanti casa. Purtroppo non capendo l’ arabo non
siamo mai riusciti a carpire il segreto di Luis, come faccia ad essere tanto
socievole con tutti, alla prima occasione e a far ridere spesso e volentieri
anche persone notoriamente seriose e timide. Rimarra’ uno dei tanti segreti del
Sud Sudan, si accumulera’ nella nostra memoria fra le tante cose non comprese,
anche questo significa aver vissuto in un posto, avere la consapevolezza di
quante cose non si comprendono, ma che, per forza di cose si accettano o si
devono accettare.
Gennaio e’ un mese strano, le giornate sono ventose, niente e che vedere
con le tempeste di sabbia dal Sahara che colpiscono il Sudan, qualche centinaio
di chilometri a nord ma pure sempre vento portatore di polvere. Eh si, la
polvere, che si accumula dappertutto in poche ore, in pochi minuti, basta una
folata ed ecco che la scrivania che stai usando si ricopre di uno strato di
polvere come quello di un vecchio gioco che avevi da bambino messo in soffitta
per anni. La polvere, rossa e sottile e’ ovunque, fuori, ma soprattutto dentro
di noi, questo si capisce alla prima soffiata di naso. Un’ altra delle
sensazioni frequenti in questo breve inverno sud sudanese e’ la sensazione di
secchezza, la pelle, le labbra, i capelli si seccano in continuazione, le
piante si riposano e un po’ ingialliscono, tutto sembra un po’ piu’ lento ed i
mesi umidi, fangosi e piovosi sembrano un lontano ricordo. La stagione secca e’
anche la stagione in cui i pastori fanno fatica a trovare erba a sufficienza
per le loro mucche e per questo si spostano, alla ricerca di pascoli e di
sorgenti d’ acqua. Nella maggior parte dei casi il movimento e’ verso sud,
milioni di mucche e centinaia di migliaia di pastori in tutti gli angoli del
Sudan e del Sud Sudan si spostano verso sud, contendendosi pascoli e acqua che
scarseggiano. Questo e’ uno dei motivi che porta allo scontro fra pastori e fra
pastori e coltivatori, acqua, erba, terra, da migliaia di anni contese, al
centro della vita di milioni di persone, unico sostentamento possibile, in una
parola la vita. Una vita che si mantiene o si perde, nel giro di pochi secondi,
nei secoli lance, frecce e coltelli hanno lasciato il posto ai kalashnikov,
sempre piu’ spesso strumento necessario alla difesa (o alla conquista) del
bestiame. Proprio per questo ogni notiziario alla radio e ogni notizia riporta
ogni giorno decine di morti, decine di vendette, centinaia di persone
arrestate. Questa e’ la stagione del conflitto per la terra, per l’acqua, per
le mucche, ma anche per vendetta, per difendere il proprio onore e orgoglio, il
proprio prestigio. Il conflitto, risolto con le mani, con i coltelli, con i
mitra, etnia contro etnia, clan contro clan, corrente politica contro corrente
politica, una guerra fra poveri, violenta, al tempo steso moderna e antica,
tecnologica e rozza. Bombe che piovono dal cielo e aerei che sorvolano cupi i cieli
del Sud Sudan, in TV, facce paffute e ventri gonfi di birra, whisky e Coca Cola
borbottano finte parole di pace e riconciliazione, “le parole dei sud sudanesi
sono come gli uccelli” ho letto da qualche parte, questo e’ sicuramente vero
per i tanti leader, grandi e piccoli di questo paese, neonato e gia’ storpio,
storpiato dalla corruzione, arroganza e avidita’ dei proprio leader che volano
da una parte all’altra dell’Africa alloggiando in alberghi di lusso a far finta
di negoziare la pace. Qui, dove i loro cittadini vivono sappiamo che sono solo
promesse e che alla prima occasione buona ci sara’ un nuovo attacco, una nuova
pioggia di pallottole e proiettili di mortaio, l’unica pioggia che cada sul Sud
Sudan nella stagione secca. Un pioggia che porta solamente sangue, morte,
distruzione e fame. Un paese intero ha il fiato sospeso, milioni di persone che
rischiano di morire di fame fra 2 o 3 mesi, migliaia di giovani affamati ed esaltati
pronti a sparare, aggredire, saccheggiare, stuprare. Anche questa e’ una delle
cose che non ho ancora compreso di questo paese e che credo mai comprendero’.
Fuori, il cielo azzurro, silenzio, gli uccelli cinguettano, le foglie dell’albero
di limoni fruscia. Si sente un motorino in lontananza, i bimbi passano facendo
rotolare un cerchio sulla terra, rossa, secca, i loro passi, la loro corsa
alzano la polvere, secca e rossiccia. Un brivido mi percorre la schiena, e’il
vento del nord, spazza le foglie secche, rinfresca l’aria e porta polvere, ma anche
sangue, bombe e distruzione. Gennaio e’ un mese strano, il Sud Sudan un
violento e drammatico, ma affascinante groviglio incomprensibile. Col sole di
mezzogiorno, Luis si e’ ormai tolto la giacca ed e’ rimasto con la sua pulita
divisa kaki, premuroso, apre il cancello e mi saluta con un sorriso, quel
sorriso semplice e gentile che affascina e conquista tutti, per fortuna, in Sud
Sudan, ci sono anche i sorrisi di Luis.
L'inverno secondo Liniers:
"Una notizia soreprendente" "Fortunatamente siamo qua per darvi una notizia molto significativa" "Siamo in condizione di dirvi che..." "E' inverno e fa freddo." "Uh...incredibile'" |
mercoledì 5 novembre 2014
Notas de viaje...: In shaa allah - Se Dio vuole
Notas de viaje...: In shaa allah - Se Dio vuole: Un post nuovo che nella prima parte riprende un post vecchio... Sono una bottiglia di plastica, non ricordo bene, ma credo di essere ...
In shaa allah - Se Dio vuole
Un post nuovo che nella prima parte riprende un post vecchio...
Sono una bottiglia di plastica, non ricordo bene, ma credo di essere nata
in Kenya, o in Uganda, appena nata, dopo 3 giorni di viaggio mi hanno portato
in un negozio polveroso, ero esposta su uno scaffale in un negozio davanti alla
moschea, il posto si chiama Pariang, dicono che sia da qualche parte in uno
stato nuovo, che si chiama Sud Sudan. Un uomo con la pancia, la giacca e la
cravatta che la gente chiama onorevole
mi ha comprata. Avidamente, mi ha afferrata e ha bevuto quasi la metà
dell’acqua che avevo dentro. Mi teneva stretta, con le sue mani grandi, lunghe
e sudate. Siamo andati in uno spiazzo pieno di tende bianche che chiamano campo rifugiati, e’ sceso dal
fuoristrada bianco, ha dato un ultimo sorso alla poca acqua rimasta, si e’
asciugato con le mani la bocca grande e ha orgogliosamente detto: “Facciamo in fretta che ho fame”. Ha
fatto un giro nel campo rifugiati, una distesa marrone e verde, allagata per le
piogge degli ultimi 2 mesi, un lago di fango, escrementi ed immondizia, con
migliaia di uomini donne e bambini. Dicono che sono stranieri ma e me sembrano
uguali agli altri. Dopo che il signore alto mi ha gettato per terra sono stata
raccolta da una bambina, avrà avuto 4 o 5 anni, piccolina, magra, scalza,fango
fino alle ginocchia e delle meravigliose treccine, corte, chiuse in elastici
gialli, rosa, rossi e azzurri. Quando mi ha visto il suo viso si è aperto in un
grande sorriso bianco e luminoso grindando: ”Crystal!”
felicissima mi ha preso in mano come nessuno aveva mai fatto, con affetto, sorpresa
e devozione. Awadia, credo sia il
nome della bimba, che tutti chiamano per provare a rubarmi dalle sue mani, ma
Awadia non mi ha mollato, mi ha preso, portata ad un pozzo e mi ha riempito
d’acqua, contentissima ha appoggiato le sue labbra sottili e un po’ screpolate,
poi mi ha passata ad una sua amica, che si chiama Rabha, anche lei lunga, magra
e dai vestiti sporchi di terra, consumati e stracciati. Con me in mano mi
sembrano felici, giocano, guardano dentro, mi accarezzano, mi sento amata e
venerata come un oggetto nuovo e speciale, nessuno mi aveva mai fatto sentire
cosi prima, voglio bene a queste bimbe che mi hanno accolto e amato.
Awadia e Rabha sono solo due delle centinaia di migliaia di bambine e
bambini che dal dicembre 2013 hanno abbandonato, forzatamente e con il cuore
carico di paura, le loro case. Il Sud Sudan, il più giovane Stato al mondo,
nato nel luglio 2011 scindendosi dal Sudan con un referendum organizzato 6 anni
dopo gli accordi di pace del 2005. Una pace fragile quella fra Sudan e Sud
Sudan, in continuo bilico, tanto che nel 2012 le tensioni hanno portato alla
chiusura del confine e all’interruzione del flusso del petrolio che dal Sud
Sudan viene trasportato sulle coste del mar Rosso passando attraverso il Sudan.
Un rapporto travagliato quello fra Khartoum e Juba ma non quanto le relazioni
interne al neo-Stato, dove l’avidità economica e l’ambizione politica hanno
portato riaperto vecchie ferite fra gruppi etnici, in particolare fra la tribu
Dinka e la tribu Nuer. Il dissenso fra i due maggiori leader politici: il
presidente Salva Kiir (dinka, tuttora incarica) e l’ex vicepresidente Rieck
Machar (nuer, esautorato a luglio 2013) ha fatto ripiombare il paese nella
guerra civile. Questi due “elefanti” hanno sfruttato differenze etniche per mobilitare
giovani a combattere e spinto il paese verso uccisioni a sfondo etnico, mentre
12 milioni di “fili d’erba” sud sudanesi ne stanno pagando le conseguenze e
continuerrano a pagarle per molti anni.
Dopo mesi di tensione politica in continuo aumento, il 15 Dicembre 2013 un’
incomprensione fra il Presidente Kiir e i soldti della guardia presidenziale ha
fatto scoppiare il conflitto. Juba, la capitale del Sud Sudan, è piombata nel
caos e migliaia di persone sono state uccise a sangue freddo per la sola
appartenenza etnica.
Negli ultimi 10 mesi, un milione e 400 mila sud sudanesi sono fuggiti dalle
loro abitazione per scappare dalla guerra e dalla violenza per cercare un
rifugio, dove la loro vita non fosse in pericolo. Altri 463,000 sud sudanesi sono
rifugiati all’ estero, nei paesi confinanti: Etiopia, Kenya, Uganda e
addirittura Sudan. Negli ultimi 3 anni gli effetti combinati dei conflitti
tuttora in corso in Sudan (nelle regioni del Sud Kordofan e del Nilo Blu) e in
Sud Sudan (Stati di Unity, Nilo Superiore e Jonglei) hanno causato due flussi
di disperati: 220,000 rifugiati Sudanesi sono ora in Sud Sudan, mentre 100,000
Sud Sudanesi si trovano in Sudan.
Fra sfollati interni e rifugiati, quasi 1 milione e 900 mila persone, un
sud sudanese su 6, non vive più dove viveva un anno fa, tutti hanno perso molti
famigliari ma anche tutto ciò che possedevano: casa, campi, attrezzi agricoli,
mucche, capre…come se tutti gli abitanti della Regione Calabria si fossero
spostati in pochi mesi. In questo momento, oltre 100,000 persone vivono ancora
all’interno delle basi militari delle Nazioni Unite. Queste cittadelle
fortificate che ospitano i caschi blu dell’ ONU, vista la crudeltà del
conflitto, per la prima volta nella loro storia hanno dato ospitalità a civili,
evitando così un tremendo massacro a base etnica. Il rimanente milione e 300
mila sfollati interni vivono in campi allestiti dalle agenzie umanitarie in
varie parti del paese, ma concentrate soprattutto nei tre stati petroliferi:Unity,
Nilo Superiore e Jonglei.
In 10 mesidi conflitto i profughi sono aumentati a vista d’occhio, così
come le epidemie di colera, malaria, infezioni polmonari e intestinale legate
alle precarie condizioni di vita, spesso nel fango e in ripari di fortuna
costruiti con qualche palo di bamboo e nylon distribuiti dalle organizzazioni
non governative. Il problema dell’alimentazione, già povera,in un paese che
ancora prima del conflitto doveva importare grandi quantità di cibo è ora
davvero allarmante. Oltre 3 milioni di sud sudanesi hanno sfiorato la carestia
nel 2014, ora il raccolto del sorgo, principale cereale del paese ha portato un
leggero sollievo per le tante famiglie che sopravvivono con uno, massimo 2
pasti al giorno, ma le scorte finiranno presto e per febbraio-marzo 2015 già si
prevede un nuovo rischio di carestia per quasi 4 milioni di sud sudanesi che
non hanno potuto coltivare e non hanno accesso a rifornimenti di beni di prima
necessità.
La stagione delle pioggie sta per finire, le strade si seccherranno presto,
permettendo ai camion di viveri di muoversi ma permettendo anche agli eserciti
contrapposti spostamenti più rapidi. Nei prossimi mesi si teme una riaccensione
delle ostilità e un inasprimento dei combattimenti, vistoche le estenuanti e
sterili trattative di pace in corso ad Addis Abeba non hanno portato quasi
nessun frutto se non una fragile tregua fra gli eserciti.
Con questa situazione non resta che sperare che i due elefanti trovino un
accordo (o si tolgano di mezzo) e che si avi un vero processo di pace, per
ricucire le ferite e iniziare da capola costrizione di una nazione dove tutte
le etnie, lingue, religioni e idee politiche convivano in maniera pacifica. Se
non smetterà la pioggia di pallottole, non rimane che continuare ad assistere e
stare al fianco dei milioni di “fili d’erba” sud sudanesi che stanno soffrendo,
in attesa del sole, che prima o poi, arriverà, “in shaa allah! “ (se Dio vuole).
Liniers, che sottolinea come a volte sia meglio rischiare:
"Una pioggia di emozioni cade sulla citta'" "I piu'avventurosi non aprono l'ombrello" |
sabato 12 luglio 2014
Buon compleanno Sud Sudan
Gogrial, Stato di Warrap, mamma e bambine alla "fiera dei semi" |
Sud Sudan, da
pochi giorni ufficialmente il paese piu’ fragile al mondo, un paese sull’orlo
della carestia,4 milioni di persone che rischiano di non aver abbastanza cibo,
un paese che compie 3 anni e di cui gia’ ci si chiede quanto ancora
durera’questo sogno per cui migliaia di giovani sud sudanesi hanno combattuto e
sono morti per oltre 50 anni. Un sogno in cui molti hanno creduto e credono ma
come sempre un sogno manipolato da chi decide, da chi comanda, da chi si
arricchisce sulla pelle e sulle ferite del popolo sud sudanese.
Buon compleanno
Sud Sudan, sicuramente, ma a Bentiu, lo Stato del petrolio, al confine col
Sudan, centinaia di donne, vengono stuprate ogni settimana perche’ l’unico modo
di sopravvivere e assicurare la sopravvivenza ai loro figli e’ di attraversare
le linee militari dei due schieramenti contrapposti per cercare rifugio nelle
basi delle Nazioni Unite. In Sud Sudan e’ in atto una corsa disperata al cibo, migliaia
di bambini, secondo alcune stime almeno 150,000 moriranno nei prossimi 6 mesi
solo per la malnutrizione e problemi ad essa correlati.
A Bentiu, ormai
un cumulo di macerie e capanne bruciate, prima del conflitto c’erano anche i
cinesi, un centinaio di dipendenti della China National Petrolium Corporation,
che sono fuggiti prima di Natale. La Cina sta per consegnare al governo del Sud
Sudan 38 miliardi di missili, mine anticarro, lanciagranate, mitragliatrici e
munizioni, ordinate nel 2013. La China e’ anche il maggior compratore di
petrolio Sud Sudanese e un ottimo partner commerciale del Sud Sudan e sta
costruendo anche cliniche e strade in cambio di contratti commerciali
privilegiati un po’come in tutta l’Africa. La Cina vuole proteggere le sue
fonti di petrolio, come ogni Stato fa: come hanno fatto gli Stati Uniti in Iraq
provocando una nuova e spietata guerra civile e come ha fatto l’Italia a
Nassirya, dove proteggere il diritto di prelazione dell’ENI sul giacimento
petrolifero di Nassirya ci e’ costato la morte di 19 giovani italiani.
Vogliamo dire che
fornire armi ad un paese impantanato in una guerra civile che con poche pause
dura dagli anni 60 e’ un crimine contro l’umanita’? O crediamo questo o
crediamo che gli affari, il commercio, il petrolio, il denaro valgono piu’della
vita umana, della pace e della sicurezza di un popolo. Perche’ nessuno lo dice?
Danze tradizionali dinka a Gogrial - Stato di Warrap |
Buon compleanno
Sud Sudan, certo, ma nel frattempo un milione e mezzo di persone non sono piu
nelle stesse case dove hanno festaggiato il Natale, 1 milione e centomila sono
gli sfollati in Sud Sudan e oltre 400,000 rifugiati all’estero, di cui 158,000
in Etiopia.
Un milione, una
cifra che torna e mi rimbomba nella mente. Un milione di dollari e’ la cifra
spesa dal Sud Sudan in armamenti dall’inizio del conflitto, quasi la stessa
cifra che le agenzie umanitarie hanno chiesto per affrontare il problema creato
dal conflitto fra Kiir e Machar e le loro due elite politico economiche che si
stanno spartendo un paese al limite del collasso, diviso, impaurito e
fragilissimo. Petrolio, bombe, affari e aiuti umanitari, sono tutti parte dello
stesso circolo vizioso?
Uno dei motivi di
stess nel lavoro umanitario e’ il senso di inutilita': l’inutilita’ di
continuare a lavorare per portare assistenza alle persone piu’ vulnerabili di
uno dei paesi piu poveri e tormentati al mondo quando i leader politici si
riempiono la bocca di belle parole come pace, unita’ e nazione e nel frattempo
comprano milioni di dollari di armi e mandano i giovani di questo paese al
massacro, sostenendo: “Noi il nostro dovere l’abbiamo fatto, ora tocca voi
andare nella macchia a combattere per il paese”.
Certo il Sud Sudan
e’ uno Stato, da 3 anni, ma a che costo? in mano a chi? con che prospettive e
speranze? Vogliamo dire che ancora una
volta il concetto di patria, Stato, nazione ma anche di etnia, oppure religione,
vengono usati come strumenti per mantenere i privilegi di un’elite
politico-economica che sta letteralmente mangiandosi il paese. Un’elite
corrotta e falsa, ripugnante, che prima scatena una guerra per incapacita’
(nella migliore delle ipotesi) di gestire un paese e per avidita’ di potere e
poi chiede aiuto alla comunita’ internazionale per portare aiuto alla gente che
soffre le conseguenze delle proprie azioni scellerate e scelte criminali.
Buon compleanno
Sud Sudan, ma oggi sono triste ed arrabbiato.
Un po' di amore e dolcezza con Liniers:
1."Tutto continua uguale" 2."Non cambia niente" 3. "E all'improvviso..." " Posso sedermi qua?" "Si'"
mercoledì 9 luglio 2014
Sud Sudan: fra sole e pioggia
Bambine a Wau |
E’ una domenica
come un’altra a Wau, il cielo, grigio, uniforme e muto, gli uccelli nascosti
fra le fronde del mango in giardino contribuiscono alla canzone di questo pigro
pomeriggio. Sono a casa, in salotto, solo, una domenica di riposo dopo una
settimana intensa di riunioni, tante ore al computer, arrabbiature ma anche
qualche piccola soddisfazione. Fuori scorre il mondo, fuori vivono i sud
sudanesi, dal Family Hotel arriva il suono ritmato ed allegro di una canzone di
musica congolese, dalla strada, l’unica strada asfaltata di Wau, lontana 50
metri, giungono i rombi delle motorette cinesi, di grossi camon vuoti e traballanti ma anche dei fuoristrada bianchi
delle ong. I vicini di casa accendono il generatore, ritmo delle nostre
giornate e tormento delle afose notti sud sudanesi, accesi fino a mezzanotte-l’una,
rendono l’addormentarsi una vera sfida, a meno che non si sia notevolmente
stanchi e con qualche ora di sonno arretrato. Il cielo grigio racchiude la
pioggia che verra’, ormai da qualche mese e’ iniziata la stagione delle piogge,
il tempo si fa piu fresco ma anche piu umido, non piove molto, in media una
volta ogni 2-3 giorni, a Wau la vita scorre regolare. Un calma piatta ma
sospetta di un paese eternamente in bilico fra la pace e la follia, fra la
speranza di iniziare un percorso nuovo e i crudi fantasmi della violenza piu’
crudele e spietata. Il paese piu’giovane al mondo, un paese che si avvia verso
il suo terzo compleanno, un compleanno amaro, teso e che lascia col fiato
sospeso. Un quarto del paese e’ in mano a forze non governative, principalmente
a base etnica Nuer, nemici storici dei Dinka, il gruppo etnico politicamente
piu’ forte e potente. Negli ultimi mesi sono successi fatti di una violenza
inenarrabile, il paese, ancora una volta e’stato scosso nel profondo, un paese,
fragile, in bilico fra una stabilita’ precaria e il collasso totale, l’implosione,
il tutti contro tutti ( e si salvi chi puo’). Proprio questa settimana, il Sud
Sudan e’ stato definito dall’organizzaione americana Fund for Peace (Fondo per
la Pace) come “il piu’ fragile paese al mondo”, scalzando la Somalia dal primo
posto dopo ben 5 anni. Per quanto queste statistiche possano sempre essere discutibili
e criticabili, come e’ stato fatto da alcuni promimenti leader politici, il
dato fa riflettere e bisogna dire che da qua la fragilita’si nota nella vita di
tutti i giorni. La fragilita’ del Sud Sudan e’stata inoltre confermata anche
dal recente nuovo mandato della missione di pace delle Nazioni Unite in Sud
Sudan (UNMISS). Il numero di soldati e’ stato aumentato a 12,500 (erano 7,000
nel 2011) il numero di poliziotti a 1,323 (erano 900 nel 2011) e il mandato
sottolinea l’importanza della missione di pace nel proteggere i civili dalle
parti in conflitto (oltre 100,000 persone sono ospitate all’interno delle basi
militari UNMISS per motivi di protezione), monitorare infrazioni ai diritti
umani e creare le condizioni necessarie allo svolgimento delle operazioni
umanitarie. Mentre ad Addis Abeba i leader delle 2 principali fazioni in
conflitto, provano a trovare un accordo politico per formare un governo ad
interim e rivedere l’assetto del paese, in tutto il Sud Sudan, circa 4 milioni
di persone sono a rischio di carestia, quasi la meta’ del paese. Questa settimana
nello Stato di Unity sono stati segnalati i primi casi di morte per mancanza di
cibo, nella cittadina di Leer (Stato di Unity) un bambino su 10 e’ affetto da
malnutrizione acuta e severa che se non trattata tempestivamente conduce alla
morte.La malnutrizione nella popolazione generale raggiunge il 40%.
Un altro esempio
degli effetti piu’immediati di questa maledetta guerra si trova a pochi
chilometri da dove sono seduto. Da fine aprile, la parte meridionale della
contea di Wau “ospita” qualche migliaio di soldati Nuer, disertori sbandati
dall’esercito regolare per paura di rappresaglie da parte dei colleghi Dinka, vivono
accampati in aperta campagna senza cibo, soldi e supporto. Spesso questi
soldati visitano i villaggi circostanti e arraffano il possibile,a volte anche con la forza. Per liberarsi di
loro il governo ha mandato qualche centinaio di soldati che per scovare i
soldati disertori Nuer hanno pensato di minacciare, picchiare, terrorizzare e
violentare le popolazioni locali per ottenere informazioni che conducano alla
cattura dei soldati disertori. Il risulato e’ che oltre 7,000 persone hanno dovuto
lasciare le proprie case e i propri villaggi e sono fuggite in zone piu
tranquille. Scuole e ospedali sono al momento chiusi perche’ occupati da soldati
ed utilizzati come dormitori. Abbandonare le campagne in questo periodo
significa anche mettere a serio repentaglio il raccolto e di conseguenza
ritrovarsi senza cibo fra 2-3 mesi. Come al solito, quando gli elefanti
litigano, e’ l’erba a risentirne. L’erba e’ il popolo sud sudanese che ha
finora vissuto solamente fame, poverta’, guerra e violenza, una popolo che non
ha ancora vissuto i benefici del nuovo Stato, dell’indipendenza, ma che
piuttosto continua a subire le stesse soppraffazioni e abusi di sempre. Guardo
il verde giardino fuori dalla finestra, una farfalla vola fra le foglie, nella
luce calda e tiepida di questa serata africana, la musica continua a suonare
fuori, accompagnando le birre e le chiacchere di panciuti keniani che si godono
la loro domenica, i generatori continuano imperterriti a dare ritmo a questo
pigro pomeriggio di Luglio, una moto suona il clacson, un camion passa
prepotente, la vita continua, apparentemente tranquilla. Oggi non ha piovuto,
anzi qualche squarcio nel cielo ci regala un bel tramonto sopra Wau, questa
pigra e grigia domenica ci dona, all’imbrunire, qualche raggio di sole, qualche
raggio di speranza, qualche raggio di pace, il Sud Sudan ma soprattutto i sud
sudanesi, ne hanno bisogno, per poter costrire insieme il futuro che vogliono, speriamo
solo che non piova.
E ora Liniers: Forza Argentina!
"Il rigore che lascio' fuori il Messico."
"Oh..doh...muoio.."
"Mesi dopo, Leonardo Di Caprio perde di nuovo l'Oscar come miglior attore"
"E grazie all'Accedamia per questo prestigioso premio"
"Alla tua faccia, Leonardo!"
domenica 27 aprile 2014
Notas de viaje...: Piccola Odissea in Sud Sudan (parte seconda)
Notas de viaje...: Piccola Odissea in Sud Sudan (parte seconda): Il Land Cruiser a Raja, pronto per la partenza...non arriveremo a destinazione Il vento soffia nei capelli in cima al camion barcolla...
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