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domenica 1 febbraio 2015

Luis e la polvere di gennaio


Il vento, rossiccio, crea piccoli turbini sulla strada di terra rossa, secca, polverosa. Questa e’ la stagione secca in Sud Sudan, siamo nel bel mezzo del brevissimo “inverno” sud sudanese. Un inverno relativamente mite per gli standard europei ma assolutamente peculiare. Notti fresche in cui bisogna usare la copertina, oppure almeno un lenzuolo per difendersi dalla brezza che entra dalle finestre senza vetri. Le mattine sono ritardatarie, il sole sorge tardi, appena prima delle 7.30 ma tramonta anche un po’ dopo del solito, verso le 7-7.15 di sera. La palla arancione del grande sole africano fa meno paura in queste settimane, e anche al suo picco, verso mezzogiorno, non punge e non fa sudare, una sensazione strana visto che per la maggior parte degli altri mesi, la vita in Sud Sudan e’ una continua rincorsa al ventilatore per non doversi cambiare di camicia 3 volte al giorno.
Si sta bene in questa stagione, almeno, io sto bene. Non si puo’ dire lo stesso dei sud sudanesi, i nostri guardiani, specialmente lo smilzo Luis, arriva alle 7 di mattina coperto da testa a piedi, con la giacchetta chiusa, il cappello calato e i bizzarri occhiali da sole trasparenti a coprirgli gli occhi. Luis uno dei personaggi della nostra vita a Wau, un guardiano preciso, dolce, gentile, amichevole con tutti. Insomma, Luis e’ un vero e proprio animatore della vita a casa ACTED, tutti gli autisti, tutti i miei colleghi lo conoscono, lo salutano volentieri, ci ridono sempre insieme e spesso ci trascorrono tempo insieme, sorseggiando un te, condividendo una kisra oppure semplicemente sedendosi nel soppalco dal quale si puo’ tranquillamente osservare la vita che scorre sulla rossiccia e polverosa strada davanti casa. Purtroppo non capendo l’ arabo non siamo mai riusciti a carpire il segreto di Luis, come faccia ad essere tanto socievole con tutti, alla prima occasione e a far ridere spesso e volentieri anche persone notoriamente seriose e timide. Rimarra’ uno dei tanti segreti del Sud Sudan, si accumulera’ nella nostra memoria fra le tante cose non comprese, anche questo significa aver vissuto in un posto, avere la consapevolezza di quante cose non si comprendono, ma che, per forza di cose si accettano o si devono accettare.
Gennaio e’ un mese strano, le giornate sono ventose, niente e che vedere con le tempeste di sabbia dal Sahara che colpiscono il Sudan, qualche centinaio di chilometri a nord ma pure sempre vento portatore di polvere. Eh si, la polvere, che si accumula dappertutto in poche ore, in pochi minuti, basta una folata ed ecco che la scrivania che stai usando si ricopre di uno strato di polvere come quello di un vecchio gioco che avevi da bambino messo in soffitta per anni. La polvere, rossa e sottile e’ ovunque, fuori, ma soprattutto dentro di noi, questo si capisce alla prima soffiata di naso. Un’ altra delle sensazioni frequenti in questo breve inverno sud sudanese e’ la sensazione di secchezza, la pelle, le labbra, i capelli si seccano in continuazione, le piante si riposano e un po’ ingialliscono, tutto sembra un po’ piu’ lento ed i mesi umidi, fangosi e piovosi sembrano un lontano ricordo. La stagione secca e’ anche la stagione in cui i pastori fanno fatica a trovare erba a sufficienza per le loro mucche e per questo si spostano, alla ricerca di pascoli e di sorgenti d’ acqua. Nella maggior parte dei casi il movimento e’ verso sud, milioni di mucche e centinaia di migliaia di pastori in tutti gli angoli del Sudan e del Sud Sudan si spostano verso sud, contendendosi pascoli e acqua che scarseggiano. Questo e’ uno dei motivi che porta allo scontro fra pastori e fra pastori e coltivatori, acqua, erba, terra, da migliaia di anni contese, al centro della vita di milioni di persone, unico sostentamento possibile, in una parola la vita. Una vita che si mantiene o si perde, nel giro di pochi secondi, nei secoli lance, frecce e coltelli hanno lasciato il posto ai kalashnikov, sempre piu’ spesso strumento necessario alla difesa (o alla conquista) del bestiame. Proprio per questo ogni notiziario alla radio e ogni notizia riporta ogni giorno decine di morti, decine di vendette, centinaia di persone arrestate. Questa e’ la stagione del conflitto per la terra, per l’acqua, per le mucche, ma anche per vendetta, per difendere il proprio onore e orgoglio, il proprio prestigio. Il conflitto, risolto con le mani, con i coltelli, con i mitra, etnia contro etnia, clan contro clan, corrente politica contro corrente politica, una guerra fra poveri, violenta, al tempo steso moderna e antica, tecnologica e rozza. Bombe che piovono dal cielo e aerei che sorvolano cupi i cieli del Sud Sudan, in TV, facce paffute e ventri gonfi di birra, whisky e Coca Cola borbottano finte parole di pace e riconciliazione, “le parole dei sud sudanesi sono come gli uccelli” ho letto da qualche parte, questo e’ sicuramente vero per i tanti leader, grandi e piccoli di questo paese, neonato e gia’ storpio, storpiato dalla corruzione, arroganza e avidita’ dei proprio leader che volano da una parte all’altra dell’Africa alloggiando in alberghi di lusso a far finta di negoziare la pace. Qui, dove i loro cittadini vivono sappiamo che sono solo promesse e che alla prima occasione buona ci sara’ un nuovo attacco, una nuova pioggia di pallottole e proiettili di mortaio, l’unica pioggia che cada sul Sud Sudan nella stagione secca. Un pioggia che porta solamente sangue, morte, distruzione e fame. Un paese intero ha il fiato sospeso, milioni di persone che rischiano di morire di fame fra 2 o 3 mesi, migliaia di giovani affamati ed esaltati pronti a sparare, aggredire, saccheggiare, stuprare. Anche questa e’ una delle cose che non ho ancora compreso di questo paese e che credo mai comprendero’.

Fuori, il cielo azzurro, silenzio, gli uccelli cinguettano, le foglie dell’albero di limoni fruscia. Si sente un motorino in lontananza, i bimbi passano facendo rotolare un cerchio sulla terra, rossa, secca, i loro passi, la loro corsa alzano la polvere, secca e rossiccia. Un brivido mi percorre la schiena, e’il vento del nord, spazza le foglie secche, rinfresca l’aria e porta polvere, ma anche sangue, bombe e distruzione. Gennaio e’ un mese strano, il Sud Sudan un violento e drammatico, ma affascinante groviglio incomprensibile. Col sole di mezzogiorno, Luis si e’ ormai tolto la giacca ed e’ rimasto con la sua pulita divisa kaki, premuroso, apre il cancello e mi saluta con un sorriso, quel sorriso semplice e gentile che affascina e conquista tutti, per fortuna, in Sud Sudan, ci sono anche i sorrisi di Luis.

L'inverno secondo Liniers:
"Una notizia soreprendente" "Fortunatamente siamo qua per darvi una notizia molto significativa" "Siamo in condizione di dirvi che..." "E' inverno e fa freddo."  "Uh...incredibile'" 


mercoledì 5 novembre 2014

Notas de viaje...: In shaa allah - Se Dio vuole

Notas de viaje...: In shaa allah - Se Dio vuole: Un post nuovo che nella prima parte riprende un post vecchio... Sono una bottiglia di plastica, non ricordo bene, ma credo di essere ...

In shaa allah - Se Dio vuole


Un post nuovo che nella prima parte riprende un post vecchio...

Sono una bottiglia di plastica, non ricordo bene, ma credo di essere nata in Kenya, o in Uganda, appena nata, dopo 3 giorni di viaggio mi hanno portato in un negozio polveroso, ero esposta su uno scaffale in un negozio davanti alla moschea, il posto si chiama Pariang, dicono che sia da qualche parte in uno stato nuovo, che si chiama Sud Sudan. Un uomo con la pancia, la giacca e la cravatta che la gente chiama onorevole mi ha comprata. Avidamente, mi ha afferrata e ha bevuto quasi la metà dell’acqua che avevo dentro. Mi teneva stretta, con le sue mani grandi, lunghe e sudate. Siamo andati in uno spiazzo pieno di tende bianche che chiamano campo rifugiati, e’ sceso dal fuoristrada bianco, ha dato un ultimo sorso alla poca acqua rimasta, si e’ asciugato con le mani la bocca grande e ha orgogliosamente detto: “Facciamo in fretta che ho fame”. Ha fatto un giro nel campo rifugiati, una distesa marrone e verde, allagata per le piogge degli ultimi 2 mesi, un lago di fango, escrementi ed immondizia, con migliaia di uomini donne e bambini. Dicono che sono stranieri ma e me sembrano uguali agli altri. Dopo che il signore alto mi ha gettato per terra sono stata raccolta da una bambina, avrà avuto 4 o 5 anni, piccolina, magra, scalza,fango fino alle ginocchia e delle meravigliose treccine, corte, chiuse in elastici gialli, rosa, rossi e azzurri. Quando mi ha visto il suo viso si è aperto in un grande sorriso bianco e luminoso grindando: ”Crystal!” felicissima mi ha preso in mano come nessuno aveva mai fatto, con affetto, sorpresa e devozione. Awadia, credo sia il nome della bimba, che tutti chiamano per provare a rubarmi dalle sue mani, ma Awadia non mi ha mollato, mi ha preso, portata ad un pozzo e mi ha riempito d’acqua, contentissima ha appoggiato le sue labbra sottili e un po’ screpolate, poi mi ha passata ad una sua amica, che si chiama Rabha, anche lei lunga, magra e dai vestiti sporchi di terra, consumati e stracciati. Con me in mano mi sembrano felici, giocano, guardano dentro, mi accarezzano, mi sento amata e venerata come un oggetto nuovo e speciale, nessuno mi aveva mai fatto sentire cosi prima, voglio bene a queste bimbe che mi hanno accolto e amato.
Awadia e Rabha sono solo due delle centinaia di migliaia di bambine e bambini che dal dicembre 2013 hanno abbandonato, forzatamente e con il cuore carico di paura, le loro case. Il Sud Sudan, il più giovane Stato al mondo, nato nel luglio 2011 scindendosi dal Sudan con un referendum organizzato 6 anni dopo gli accordi di pace del 2005. Una pace fragile quella fra Sudan e Sud Sudan, in continuo bilico, tanto che nel 2012 le tensioni hanno portato alla chiusura del confine e all’interruzione del flusso del petrolio che dal Sud Sudan viene trasportato sulle coste del mar Rosso passando attraverso il Sudan. Un rapporto travagliato quello fra Khartoum e Juba ma non quanto le relazioni interne al neo-Stato, dove l’avidità economica e l’ambizione politica hanno portato riaperto vecchie ferite fra gruppi etnici, in particolare fra la tribu Dinka e la tribu Nuer. Il dissenso fra i due maggiori leader politici: il presidente Salva Kiir (dinka, tuttora incarica) e l’ex vicepresidente Rieck Machar (nuer, esautorato a luglio 2013) ha fatto ripiombare il paese nella guerra civile. Questi due “elefanti” hanno sfruttato differenze etniche per mobilitare giovani a combattere e spinto il paese verso uccisioni a sfondo etnico, mentre 12 milioni di “fili d’erba” sud sudanesi ne stanno pagando le conseguenze e continuerrano a pagarle per molti anni.
Dopo mesi di tensione politica in continuo aumento, il 15 Dicembre 2013 un’ incomprensione fra il Presidente Kiir e i soldti della guardia presidenziale ha fatto scoppiare il conflitto. Juba, la capitale del Sud Sudan, è piombata nel caos e migliaia di persone sono state uccise a sangue freddo per la sola appartenenza etnica.
Negli ultimi 10 mesi, un milione e 400 mila sud sudanesi sono fuggiti dalle loro abitazione per scappare dalla guerra e dalla violenza per cercare un rifugio, dove la loro vita non fosse in pericolo. Altri 463,000 sud sudanesi sono rifugiati all’ estero, nei paesi confinanti: Etiopia, Kenya, Uganda e addirittura Sudan. Negli ultimi 3 anni gli effetti combinati dei conflitti tuttora in corso in Sudan (nelle regioni del Sud Kordofan e del Nilo Blu) e in Sud Sudan (Stati di Unity, Nilo Superiore e Jonglei) hanno causato due flussi di disperati: 220,000 rifugiati Sudanesi sono ora in Sud Sudan, mentre 100,000 Sud Sudanesi si trovano in Sudan.
Fra sfollati interni e rifugiati, quasi 1 milione e 900 mila persone, un sud sudanese su 6, non vive più dove viveva un anno fa, tutti hanno perso molti famigliari ma anche tutto ciò che possedevano: casa, campi, attrezzi agricoli, mucche, capre…come se tutti gli abitanti della Regione Calabria si fossero spostati in pochi mesi. In questo momento, oltre 100,000 persone vivono ancora all’interno delle basi militari delle Nazioni Unite. Queste cittadelle fortificate che ospitano i caschi blu dell’ ONU, vista la crudeltà del conflitto, per la prima volta nella loro storia hanno dato ospitalità a civili, evitando così un tremendo massacro a base etnica. Il rimanente milione e 300 mila sfollati interni vivono in campi allestiti dalle agenzie umanitarie in varie parti del paese, ma concentrate soprattutto nei tre stati petroliferi:Unity, Nilo Superiore e Jonglei.
In 10 mesidi conflitto i profughi sono aumentati a vista d’occhio, così come le epidemie di colera, malaria, infezioni polmonari e intestinale legate alle precarie condizioni di vita, spesso nel fango e in ripari di fortuna costruiti con qualche palo di bamboo e nylon distribuiti dalle organizzazioni non governative. Il problema dell’alimentazione, già povera,in un paese che ancora prima del conflitto doveva importare grandi quantità di cibo è ora davvero allarmante. Oltre 3 milioni di sud sudanesi hanno sfiorato la carestia nel 2014, ora il raccolto del sorgo, principale cereale del paese ha portato un leggero sollievo per le tante famiglie che sopravvivono con uno, massimo 2 pasti al giorno, ma le scorte finiranno presto e per febbraio-marzo 2015 già si prevede un nuovo rischio di carestia per quasi 4 milioni di sud sudanesi che non hanno potuto coltivare e non hanno accesso a rifornimenti di beni di prima necessità.
La stagione delle pioggie sta per finire, le strade si seccherranno presto, permettendo ai camion di viveri di muoversi ma permettendo anche agli eserciti contrapposti spostamenti più rapidi. Nei prossimi mesi si teme una riaccensione delle ostilità e un inasprimento dei combattimenti, vistoche le estenuanti e sterili trattative di pace in corso ad Addis Abeba non hanno portato quasi nessun frutto se non una fragile tregua fra gli eserciti.
Con questa situazione non resta che sperare che i due elefanti trovino un accordo (o si tolgano di mezzo) e che si avi un vero processo di pace, per ricucire le ferite e iniziare da capola costrizione di una nazione dove tutte le etnie, lingue, religioni e idee politiche convivano in maniera pacifica. Se non smetterà la pioggia di pallottole, non rimane che continuare ad assistere e stare al fianco dei milioni di “fili d’erba” sud sudanesi che stanno soffrendo, in attesa del sole, che prima o poi, arriverà, “in shaa allah! “ (se Dio vuole).


Liniers, che sottolinea come a volte sia meglio rischiare:
"Una pioggia di emozioni cade sulla citta'" "I piu'avventurosi non aprono l'ombrello"

sabato 12 luglio 2014

Buon compleanno Sud Sudan

Gogrial, Stato di Warrap, mamma e bambine alla "fiera dei semi"

Sud Sudan, da pochi giorni ufficialmente il paese piu’ fragile al mondo, un paese sull’orlo della carestia,4 milioni di persone che rischiano di non aver abbastanza cibo, un paese che compie 3 anni e di cui gia’ ci si chiede quanto ancora durera’questo sogno per cui migliaia di giovani sud sudanesi hanno combattuto e sono morti per oltre 50 anni. Un sogno in cui molti hanno creduto e credono ma come sempre un sogno manipolato da chi decide, da chi comanda, da chi si arricchisce sulla pelle e sulle ferite del popolo sud sudanese.
Buon compleanno Sud Sudan, sicuramente, ma a Bentiu, lo Stato del petrolio, al confine col Sudan, centinaia di donne, vengono stuprate ogni settimana perche’ l’unico modo di sopravvivere e assicurare la sopravvivenza ai loro figli e’ di attraversare le linee militari dei due schieramenti contrapposti per cercare rifugio nelle basi delle Nazioni Unite. In Sud Sudan e’ in atto una corsa disperata al cibo, migliaia di bambini, secondo alcune stime almeno 150,000 moriranno nei prossimi 6 mesi solo per la malnutrizione e problemi ad essa correlati.
A Bentiu, ormai un cumulo di macerie e capanne bruciate, prima del conflitto c’erano anche i cinesi, un centinaio di dipendenti della China National Petrolium Corporation, che sono fuggiti prima di Natale. La Cina sta per consegnare al governo del Sud Sudan 38 miliardi di missili, mine anticarro, lanciagranate, mitragliatrici e munizioni, ordinate nel 2013. La China e’ anche il maggior compratore di petrolio Sud Sudanese e un ottimo partner commerciale del Sud Sudan e sta costruendo anche cliniche e strade in cambio di contratti commerciali privilegiati un po’come in tutta l’Africa. La Cina vuole proteggere le sue fonti di petrolio, come ogni Stato fa: come hanno fatto gli Stati Uniti in Iraq provocando una nuova e spietata guerra civile e come ha fatto l’Italia a Nassirya, dove proteggere il diritto di prelazione dell’ENI sul giacimento petrolifero di Nassirya ci e’ costato la morte di 19 giovani italiani.
Vogliamo dire che fornire armi ad un paese impantanato in una guerra civile che con poche pause dura dagli anni 60 e’ un crimine contro l’umanita’? O crediamo questo o crediamo che gli affari, il commercio, il petrolio, il denaro valgono piu’della vita umana, della pace e della sicurezza di un popolo. Perche’ nessuno lo dice?

Danze tradizionali dinka a Gogrial - Stato di Warrap

Buon compleanno Sud Sudan, certo, ma nel frattempo un milione e mezzo di persone non sono piu nelle stesse case dove hanno festaggiato il Natale, 1 milione e centomila sono gli sfollati in Sud Sudan e oltre 400,000 rifugiati all’estero, di cui 158,000 in Etiopia.
Un milione, una cifra che torna e mi rimbomba nella mente. Un milione di dollari e’ la cifra spesa dal Sud Sudan in armamenti dall’inizio del conflitto, quasi la stessa cifra che le agenzie umanitarie hanno chiesto per affrontare il problema creato dal conflitto fra Kiir e Machar e le loro due elite politico economiche che si stanno spartendo un paese al limite del collasso, diviso, impaurito e fragilissimo. Petrolio, bombe, affari e aiuti umanitari, sono tutti parte dello stesso circolo vizioso?
Uno dei motivi di stess nel lavoro umanitario e’ il senso di inutilita': l’inutilita’ di continuare a lavorare per portare assistenza alle persone piu’ vulnerabili di uno dei paesi piu poveri e tormentati al mondo quando i leader politici si riempiono la bocca di belle parole come pace, unita’ e nazione e nel frattempo comprano milioni di dollari di armi e mandano i giovani di questo paese al massacro, sostenendo: “Noi il nostro dovere l’abbiamo fatto, ora tocca voi andare nella macchia a combattere per il paese”.
Certo il Sud Sudan e’ uno Stato, da 3 anni, ma a che costo? in mano a chi? con che prospettive e speranze?  Vogliamo dire che ancora una volta il concetto di patria, Stato, nazione ma anche di etnia, oppure religione, vengono usati come strumenti per mantenere i privilegi di un’elite politico-economica che sta letteralmente mangiandosi il paese. Un’elite corrotta e falsa, ripugnante, che prima scatena una guerra per incapacita’ (nella migliore delle ipotesi) di gestire un paese e per avidita’ di potere e poi chiede aiuto alla comunita’ internazionale per portare aiuto alla gente che soffre le conseguenze delle proprie azioni scellerate e scelte criminali.

Buon compleanno Sud Sudan, ma oggi sono triste ed arrabbiato.

Un po' di amore e dolcezza con Liniers:

1."Tutto continua uguale"   2."Non cambia niente"   3. "E all'improvviso..." " Posso sedermi qua?" "Si'"



mercoledì 9 luglio 2014

Sud Sudan: fra sole e pioggia

Bambine a Wau

E’ una domenica come un’altra a Wau, il cielo, grigio, uniforme e muto, gli uccelli nascosti fra le fronde del mango in giardino contribuiscono alla canzone di questo pigro pomeriggio. Sono a casa, in salotto, solo, una domenica di riposo dopo una settimana intensa di riunioni, tante ore al computer, arrabbiature ma anche qualche piccola soddisfazione. Fuori scorre il mondo, fuori vivono i sud sudanesi, dal Family Hotel arriva il suono ritmato ed allegro di una canzone di musica congolese, dalla strada, l’unica strada asfaltata di Wau, lontana 50 metri, giungono i rombi delle motorette cinesi, di grossi camon vuoti  e traballanti ma anche dei fuoristrada bianchi delle ong. I vicini di casa accendono il generatore, ritmo delle nostre giornate e tormento delle afose notti sud sudanesi, accesi fino a mezzanotte-l’una, rendono l’addormentarsi una vera sfida, a meno che non si sia notevolmente stanchi e con qualche ora di sonno arretrato. Il cielo grigio racchiude la pioggia che verra’, ormai da qualche mese e’ iniziata la stagione delle piogge, il tempo si fa piu fresco ma anche piu umido, non piove molto, in media una volta ogni 2-3 giorni, a Wau la vita scorre regolare. Un calma piatta ma sospetta di un paese eternamente in bilico fra la pace e la follia, fra la speranza di iniziare un percorso nuovo e i crudi fantasmi della violenza piu’ crudele e spietata. Il paese piu’giovane al mondo, un paese che si avvia verso il suo terzo compleanno, un compleanno amaro, teso e che lascia col fiato sospeso. Un quarto del paese e’ in mano a forze non governative, principalmente a base etnica Nuer, nemici storici dei Dinka, il gruppo etnico politicamente piu’ forte e potente. Negli ultimi mesi sono successi fatti di una violenza inenarrabile, il paese, ancora una volta e’stato scosso nel profondo, un paese, fragile, in bilico fra una stabilita’ precaria e il collasso totale, l’implosione, il tutti contro tutti ( e si salvi chi puo’). Proprio questa settimana, il Sud Sudan e’ stato definito dall’organizzaione americana Fund for Peace (Fondo per la Pace) come “il piu’ fragile paese al mondo”, scalzando la Somalia dal primo posto dopo ben 5 anni. Per quanto queste statistiche possano sempre essere discutibili e criticabili, come e’ stato fatto da alcuni promimenti leader politici, il dato fa riflettere e bisogna dire che da qua la fragilita’si nota nella vita di tutti i giorni. La fragilita’ del Sud Sudan e’stata inoltre confermata anche dal recente nuovo mandato della missione di pace delle Nazioni Unite in Sud Sudan (UNMISS). Il numero di soldati e’ stato aumentato a 12,500 (erano 7,000 nel 2011) il numero di poliziotti a 1,323 (erano 900 nel 2011) e il mandato sottolinea l’importanza della missione di pace nel proteggere i civili dalle parti in conflitto (oltre 100,000 persone sono ospitate all’interno delle basi militari UNMISS per motivi di protezione), monitorare infrazioni ai diritti umani e creare le condizioni necessarie allo svolgimento delle operazioni umanitarie. Mentre ad Addis Abeba i leader delle 2 principali fazioni in conflitto, provano a trovare un accordo politico per formare un governo ad interim e rivedere l’assetto del paese, in tutto il Sud Sudan, circa 4 milioni di persone sono a rischio di carestia, quasi la meta’ del paese. Questa settimana nello Stato di Unity sono stati segnalati i primi casi di morte per mancanza di cibo, nella cittadina di Leer (Stato di Unity) un bambino su 10 e’ affetto da malnutrizione acuta e severa che se non trattata tempestivamente conduce alla morte.La malnutrizione nella popolazione generale raggiunge il 40%.

Un altro esempio degli effetti piu’immediati di questa maledetta guerra si trova a pochi chilometri da dove sono seduto. Da fine aprile, la parte meridionale della contea di Wau “ospita” qualche migliaio di soldati Nuer, disertori sbandati dall’esercito regolare per paura di rappresaglie da parte dei colleghi Dinka, vivono accampati in aperta campagna senza cibo, soldi e supporto. Spesso questi soldati visitano i villaggi circostanti e arraffano il possibile,a  volte anche con la forza. Per liberarsi di loro il governo ha mandato qualche centinaio di soldati che per scovare i soldati disertori Nuer hanno pensato di minacciare, picchiare, terrorizzare e violentare le popolazioni locali per ottenere informazioni che conducano alla cattura dei soldati disertori. Il risulato e’ che oltre 7,000 persone hanno dovuto lasciare le proprie case e i propri villaggi e sono fuggite in zone piu tranquille. Scuole e ospedali sono al momento chiusi perche’ occupati da soldati ed utilizzati come dormitori. Abbandonare le campagne in questo periodo significa anche mettere a serio repentaglio il raccolto e di conseguenza ritrovarsi senza cibo fra 2-3 mesi. Come al solito, quando gli elefanti litigano, e’ l’erba a risentirne. L’erba e’ il popolo sud sudanese che ha finora vissuto solamente fame, poverta’, guerra e violenza, una popolo che non ha ancora vissuto i benefici del nuovo Stato, dell’indipendenza, ma che piuttosto continua a subire le stesse soppraffazioni e abusi di sempre. Guardo il verde giardino fuori dalla finestra, una farfalla vola fra le foglie, nella luce calda e tiepida di questa serata africana, la musica continua a suonare fuori, accompagnando le birre e le chiacchere di panciuti keniani che si godono la loro domenica, i generatori continuano imperterriti a dare ritmo a questo pigro pomeriggio di Luglio, una moto suona il clacson, un camion passa prepotente, la vita continua, apparentemente tranquilla. Oggi non ha piovuto, anzi qualche squarcio nel cielo ci regala un bel tramonto sopra Wau, questa pigra e grigia domenica ci dona, all’imbrunire, qualche raggio di sole, qualche raggio di speranza, qualche raggio di pace, il Sud Sudan ma soprattutto i sud sudanesi, ne hanno bisogno, per poter costrire insieme il futuro che vogliono, speriamo solo che non piova.

E ora Liniers: Forza Argentina!
"Il rigore che lascio' fuori il Messico."
"Oh..doh...muoio.."
"Mesi dopo, Leonardo Di Caprio perde di nuovo l'Oscar come miglior attore"
"E grazie all'Accedamia per questo prestigioso premio"
"Alla tua faccia, Leonardo!"


domenica 27 aprile 2014