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venerdì 15 marzo 2013

Africa, 4 anni



“Kosovo! Kosovo!” grida il controllore del minibus, “Acha!” risponde una grassa signora avvolta in un vestito che è un caleidoscopio di colori brillanti e vivaci: giallo, rosso, verde, blu, sudata, si alza con 2 enormi sachetti di plastica nera, scende lentamente dal minibus. Asciugandosi il sudore dalla fronte sotto il sole cocente e abbacinante del meriggio equatoriale, si guarda intorno alla ricerca di una moto-taxi (piki-piki). Kosovo non è lo stato dei Balcani, ma la penultima fermata dei mezzi pubblici sulla tratta che da Dar es Salaam, Dar per gli amici, porta a Bagamoyo, Baga per gli amici.
Sono arrivato a Bagamoyo per la prima volta il 23 novembre 2008, non sembra ieri, sembra tanto tempo fa, molte cose sono cambiate. Tornare ancora qui, oltre quattro anni dopo fa uno strano effetto e avendo tempo per riflettere mi trovo a pensare a quante cose siano cambiate in questi anni e a quante invece siano rimaste le stesse.
Per fortuna la spiaggia è rimasta la stessa, a volte tranquilla e silenziosa, a volte movimentata e rumorosa, fitta di pescatori intenti avendere il pesce, scaricatori di porto che scaricano le immancabili taniche di plastica gialla dai barconi che commerciano con Zanzibar e compratrici di pesce, sdraiate a pulirlo o a contrattare il miglior prezzo possible. Le corde che ancorano le barche a terra sono sempre là, e noi, a schivarle, a passare sopra o sotto. L’odore della spiaggia è lo stesso, alghe, pesce imputridito ma anche la brezza dell’Oceano Indiano, che rinfresca e risolleva il corpo e la mente. Due grandi alberghi sono andati a fuoco 3 anni fa e non hanno più riaperto, mentre un colosso di cemento sbiancato è sorto a pochi centinaia di metri dalla croce che ricorda i primi missionari cattolici che alla fine del XIX secolo sono arrivati a Bagamoyo per predicare il Vangelo. Ora, oltre all’opera evangelizzatrice, hanno costruito e gestiscono un albergo, i tempi cambiano.
Alcune strade, prima di sabbia sono state asfaltate, di certo sono più comode, ma significa anche che i giovani e spericolati guidatori delle moto-taxi e i pazzi guidatori di camion e minibus possono sfrecciare a velocità nettamente superiori, mettendo a repentaglio la vita dei passanti, soprattutto quella di bimbi distratti e anziani dalla vista scarsa e dai movimenti rallentati. Ora a Bagamoyo ci sono 2 banche con il relativi bancomat, di cui uno allacciato ai circuiti internazionali, quando sono arrivato io, per prelevare bisognava andare a Dar es Salaam. Più banche non significa necessariamente che la gente abbia più soldi, anzi l’impressione di tutti è che nei locali pubblici, alberghi e ristoranti ci sia sempre meno gente, locali che una volta erano il fulcro della vita serale e notturna di Bagamoyo (sì, anche in Africa si fa festa…) sono ora smorti e popolati solo di qualche indomabile bevitore e qualche dolce coppietta che sorseggia una bibita sussurrandosi frasi d’amore.
I prezzi di alcuni beni di consume sono aumentati in maniera spropositata: la farina di mais per l’ugali, il piatto base dell’alimentazione tanzaniana è passata da 6-700 scellini al kilo (0,33-0,38 cent di euro) a 1.200-1.400, esattamente il doppio; il riso è passato da 1.200-1.300 scellini (66 cent di euro) ad attorno 2.000-2.200 scellini al kilo; la birra ha subito lo stesso aumento del riso, da 1.300 scellini nel 2009 a 2.000 scellini nel 2013. I salari e i prezzi per i contadini non sono aumentati di pari passo e questo ha avuto terribili conseguenze alimentari. Le famiglie più povere, che sono spesso anche le famiglie più numerose,  si sono trovate e diminuire il numero di pasti mettendo i bambini a rischio malnutrizione. L’aumento del prezzo della birra ha anche indotto ad un aumento del consumo di alcol prodotto localmente con relativo rischio di salute. L’alcol locale, infatti, viene spesso “tagliato” con sostanze tossiche in maniera da renderlo più potente. Mezzo litro, al costo di circa 500-600 scellini (un quarto di una birra) basta allo sballo per una serata ma spesso costa ai consumatori l’integrità o la funzionalità di fegato, del cervello o la perdita della vista.
Alcune cose cambiano, altre rimangono uguali, spesso sia in un caso che nell’altro capire il perchè è complicato , difficile, l’Africa è un continente complesso, imprevedibile, credo, in un certo qual modo inconoscibile, inafferrabile e inspiegabile. Dopo quattro anni qua non credo di capirne molto di più, si, ho imparato molte cose, parlato con centinaia di persone, mi sono confrontanto e scambiato idee con gente di tutti i tipi ma non credo di aver migliorato di molto la mia compresione delle dinamiche interpersonali, comunitarie e sociali di questo angolo d’Africa. Al contrario, sono convinto che forse, per vivere bene qui, a volte bisogna lasciar stare le spiegazioni razionali e i mille dubbi, la ricerca di un perchè e semplicemente vivere, assaporare, nel dolce e nell’amaro, il gusto di un continente altro, ricco di drammi, ma anche di idée, sogni e speranze.
Al buio, seduto su una scomodissima sedia di plastica, ascolto le rane che nel vicino stagno gracidano fragorosamente, osservo la sagoma nera delle palme, si stagliano contro il cielo blu scuro punteggiato di luci, le fronde si muovono, la brezza soffia leggera sulla pelle e solleva un brivido piacevole. Col naso all’insù, ad ammirare lo scintillio della via lattea e questo meraviglioso spettacolo notturno smetto di pensare, ecco, l’Africa.

Anche il gatto Fellini guarda il cielo:
"La luna sorride..." Mi sembra che sappia qualcosa che noi non sappiamo Madariaga"



sabato 9 marzo 2013

Flashback: Shabani e la lezione africana


Nota: il 31 gennaio 2012 ho perso tutti i vecchi post per la chiusura di Splinder. Sto lentamente recuperando i miei vecchi post, pubblicati su altri siti. Il contenuto è quello originale anche se alcune cose sono state riviste e corrette dal punto di vista ortografico e grammaticale. 

Guardarsi indietro a volte aiuta a capire dove vogliamo andare...non so se riscriverei le stesse cose ora, dopo 4 anni ma mi piace l'idea di riportare a galla i vecchi post...

1 Dicembre 2008, Bagamoyo - Tanzania - Servizio Civile con CVM (Comunità Volontari per il Mondo)

Carichiamo gli scatoloni in macchina, salutiamo Ologolie e Lala, i due Masai guardiani dell’ufficio del CVM e lasciamo Bagamoyo per dirigerci a Chalinze, il villaggio che quest’anno ospiterà la giornata mondiale dell’AIDS per il distretto di Bagamoyo. Appena lasciata la sonnolenta cittadina di Bagamoyo e le sue strade sabbiose attraversiamo la campagna, verde, seguiti da una scia di polvere sollevata dalla jeep che viaggia sobbalzando sulla strada di terra rossiccia, superiamo uomini sudati che pedalano lentamente su biciclette monomarcia cariche di carbone mentre in direzione contraria provengono traballanti camion carichi di ananas. Al villaggio di Msata rientriamo sulla strada asfaltata che collega Dar es Salaam con il Nord del paese, arteria fondamentale per il movimento di merci, persone ma anche, purtroppo, del virus del’ HIV. Poco dopo raggiungiamo lo snodo stradale di Chalinze, con i suoi bar, venditori di anacardi e colorate baracche adibite a negozi. La sera, fra i fari dei camion e le poche luci dei bar, uomini soli in cerca di compagnia e ragazze pronte a vendersi per poche migliaia di scellini (2-3 euro) si incontrano per incontri fugaci e ad altissimo rischio. Infatti, questa è una delle aree dal più alto tasso di HIV/AIDS di tutto il distretto.
Lo spazio dove si terrà la manifestazione è ancora vuoto, ma vari gruppi di persone dalle maglie di diversi colori iniziano a radunarsi. Sembrano tante squadre di calcio, c’è chi veste in giallo, chi in blu e chi in bianco. I bianchi siamo noi, a parere di tutti, le magliette più belle, quelle vestite anche dalle autorità, segno di una collaborazione costruttiva e di un dialogo costante con le istituzioni locali, un valore irrinunciabile per il CVM che negli anni sta dando i suoi frutti. Lentamente, e piuttosto in ritardo rispetto al programma, vengono disposte le sedie e fissati i teli che proteggeranno i partecipanti dai raggi del potente sole di dicembre, nonostante queste misure preventive, il caldo si farà sentire, con relativo bagno di sudore, ormai un’abitudine quotidiana. Io e Francesca ci sediamo nelle ultime file, scattiamo un po’ di foto, ascoltiamo i discorsi ufficiali che non capiamo ma che con l’aiuto dei nostri amici e compagni di lavoro Elineth, Erena e Emanuel riusciamo per lo meno ad intuire. Segue l’esecuzione di alcune danze tradizionali da parte di un gruppo di donne locali. Prendono la parola anche rappresentanti di associazioni di persone che vivono con l’HIV/AIDS e rappresentanti di varie istituzioni locali. I giovani hanno un ruolo molto importante in questa giornata, anche grazie ad alcune ragazze e ragazzi formati nell’ambito del progetto del CVM, vengono messe in scena alcune rappresentazioni teatrali utilizzate per comunicare con i giovani e i meno giovani su tematiche legate all’HIV/AIDS, come il cambio comportamentale finalizzato alla prevenzione della trasmissione, l’attitudine verso le persone affette da HIV/AIDS e i comportamenti a rischio. Pur non cogliendo appieno le parole, la rappresentazione drammatica coinvolge e attrae l’attenzione del non foltissimo pubblico presente. 
Seduto all’ombra di un ombrello saluto un bimbo dagli occhi svegli, la testa rasata e le orecchie un po’ a sventola, veste una maglia rossa, di seconda mano, che recita: ”Qualcuno che mi ama molto è stato al Mall of America e mi ha portato questa maglietta”, non credo che Shabani, questo è il suo nome, conosca qualcuno che abbia visitato il centro commerciale più grande del mondo, in Minnesota. Non credo sappia nemmeno cosa sia un centro commerciale, ma trovo, questa maglieIta, tristemente ironica e significativa dello squilibrio degli stili e livelli di consume. Da una parte il Nord, con le magliette comprate per celebrare una visita ad un centro commerciale, dall’altra i Sud, con la stessa maglietta, questa volta di seconda o terza mano mano e piuttosto strappata. Shabani è uno dei più piccoli fra i molti presenti, le scuole sono chiuse, quindi i bambini gironzolano incuriositi da questa folla colorata e rumorosa. Segue in disparte, poi si siede a guardare la rappresentazione teatrale. Arriva il momento della distribuzione dei volantini e dei calendari stampati dal CVM, la folla si concentra su di noi, lottando per un calendario o per un volantino colorato, anche il nostro bimbo partecipa alla ressa, ottiene una discreta quantità di fogli colorati e riviste informative a distribuzione gratuita sull’AIDS che però regala immediatamente agli altri bambini, rimasti esclusi dalla distribuzione. Finiti i calendari, e il relativo assembramento per ottenerli, segue il pranzo tutti insieme a base di riso pilau, riso bollito condito con spezie, e carne di capra, tutti ne prendono un piatto e i bambini non fanno eccezione, si assembrano attorno ai pentoloni incrostati per finire l’ultimo riso rimasto, non lui, non Shabani, lui se ne sta in disparte e non mangia, gli offriamo un piatto di riso per essere sicuri che non fosse troppo timido per prenderlo da sé ma rifiuta, sorride e corre in giro, felice. Lo definiamo “il bimbo più buono e generoso di Chalinze”. Verso sera si ritorna verso Bagamoyo, Christopher ci riaccompagna a casa in macchina, appena prima di aprire il cancello per entrare in casa veniamo salutati da un gruppo di bambini che grida: “Mzungu, mzungu!” (uomo bianco, in swahili) al solito, rispondiamo con un sorriso e dicendo “Mambo!”. Uno dei più piccoli mi si avvicina e mi regala un pop-corn, gli altri, a turno, fanno a gara a chi me ne regala di più, sorpreso, accetto, in un attimo mi ritrovo a mani piene, accovacciato, ne mangio un po’ con loro, poi, sorridenti, salutano e se ne vanno. Rimango un attimo fermo a pensare, essere bambino significa anche questo, essere africano significa anche questo, la generosità e il dono, le due grandi lezioni di queste mie prime settimane in Tanzania.

Liniers ci insegna il segreto dell'ubiquità:

Enriqueta:"Sai che io posso stare in due posti nello stesso momento?", Fellini:"No...questo è impossibile", Enriqueta:"Vuoi che te lo faccia vedere?"